Nella casa di vetro

domenica, agosto 04, 2013

Dialogo fittizio fra Qahte e la sua memoria mentre perde di vividezza

Sono stato un seguace della imperfezione perché con se essa portava un vuoto da colmare, quello spazio in cui era doveroso mettersi all'opera per delineare la forma del proprio volere.
Ed adesso che, per la casualità delle cose, è praticamente tutto perfetto e posso considerare la situazione completa nella sua interezza ho paura di non esserne all'altezza.
Cosa posso chiederti, in quale direzione posso nuotare per allontanarmi sempre più al largo, fino a che scompaiano le sponde e l'unica infinita distesa di acquà stordisca i miei sensi e dilegui la mia coscienza lasciandomi assaporare il gusto dell'eternità?
Non voglio essere trascinato alla deriva ed inerme non reagire al moto delle onde, voglio sbracciare fino a non riconoscere i miei arti e continuare a muoverli sapendo consapevolmente che sparirò.
Esaurire tutta la mia fiamma, bruciare fino all'ultimo frammento, senza aver riposto briciolo alcuno a tornare indietro e cambiare direzione.
Non svegliarmi mai dalla determinazione di quell'atto, non aver l'opportunità di destarsi e scoprire tutto finito.