Nella casa di vetro

martedì, marzo 20, 2018

Riottenere la propria spensieratezza all'atto pratico

Domande:
È evitabile?
È giusto essere spensierati?
Avviene o lo si fa avvenire?
Lo vuoi?


Non è concepibile l'assenza prolungata di pensieri, non siamo vegetali (e anche li andrebbe dimostrato).

Quindi volendo giustificare positivamente la spensieratezza sarei portato a dire che sia lo stato mentale in cui si è liberi da pensieri avulsi dai propri fini. Quali sono i propri fini è una questione troppo lunga da essere trattata.
È quindi giusto essere spensierati nella misura di correttezza dei propri fini e di efficienza del proprio operato.

Solitamente la spensieratezza non avviene da sola perché i propro fini sono spesso disallineati con le contingienze e questo ci provoca pensieri aggiuntivi che distolgono l'attenzione dai propri obiettivi.
Particolari stati di stress o altre alterazioni più o meno coscienti possono costringerci alla determinazione, talvolta, ma sono stati difficilmente richiamabili a proprio piacimento.
Lo si può far avvenire? eccetto che per le situazioni di emergenza, dove non ci è dato fatto di poter estraniarci dal contesto, è possibile influenzare il proprio stato emotivo in modo da soppesare diversamente le condizioni che ci sono poste. Nel mio caso sembra funzionare disinteressarmi del risultato e lasciare fluire la spontaneità, non necessariamente in questo ordine.

No, dentro di me non lo voglio, e non perché non dedideri uno stato di maggior effettività, immediatezza, ma perché sono sempre stato dentro di me una persona che detesta non considerare ciò che gli si pone, per quanto sia poco importante.
Anche se non lo do a vedere a volte assumo questa caratteristica a livelli maniacali, fino ad arrivare ad immaginare l'inesistente. Poi capita che mi senta troppo affaticato e ci metta un punto fino alla buona morte successiva.
E mi trovo con sempre più casi da non ignorare, ma oggettivamemte non ce la faccio più.
Non posso trovare la pace interiore, nel mio stato ci sono troppe incongruenze che non posso accettare, posso provare a tollerarle in nome della sopravvivenza a cui sono maledettamente legato.

Cercherò la spensieratezza allora, anche se me ne vergogno e anche se non corrisponde al mio modo di essere, magari come una campana (o una botte), una volta vuota, risuonerò meglio.