Nella casa di vetro

giovedì, giugno 14, 2018



Triste, una parola che ripeto spesso ultimamente.
È triste trovarsi nella situazione in cui più si agisce verso una persona e più si destano sospetti e viceversa, più si tiene la distanza più si alimenta il distacco.
Vorrei che sapessi che il mio problema a dire ad una persona che sono suo amico è che per me questa è una parola importante e ho paura di dirla, non voglio che diventi una cosa che prendo con leggerezza.
Ho paura di dirla perché per me comporta essere onestamente disponibile, non è una dichiarazione di amore ma poco ci manca.
E ho paura di dirla perché ho paura di dovermela rimangiare poi, e non mi piace tornare sui miei passi.
Non voglio dover pensare "per questa persona io mi sacrificherei" e poi a posteriori dire "no, non lo farei", è una contraddizione in cui non voglio cadere.
E adesso sono nella problematica situazione che ho accettato di esserti amico, tempo fa mi stavo tirando indietro perché non riuscivo a capire se tu volessi veramente essere presente per me e non volevo mettermi in gioco, adesso che ho accettato l'idea mi ritrovo con la paura di contattarti perché non so davvero come la prenderesti.
È più facile non desiderare qualcosa che non si è mai avuto che qualcosa che si è perso? Non lo so, sono sempre stato dell'idea che tentare di avere qualcosa vale il rischio di perderla, ma per questo, se così dovesse andare, sarò dispiaciuto perché ovviamente non è più quello che voglio.
Quanto vorrei poterti dire certe cose, quanto vorrei poter dire quello che penso alle persone a cui voglio bene senza che questo sia problematico invece di stare qui come uno stronzo a scriverle solo a me stesso procurando la prova che sia stato tutto vero, che la cosa sia esistita per quando la mia emotività se ne dimenticherà.
Non merito di soffrire così tanto per il fatto che non voglio che accada tutto questo, non desidero un finale così terribile, perché devo accettarlo?