Nella casa di vetro

lunedì, gennaio 07, 2019

Monday breakfast at the café, voices are wispering



"Mentre ti guardo, attraverso il tuo sorriso con gli occhi stretti e la postura raccolta, mi sembra di capire che necessiti di affetto. Non quello familiare ma quello di un amante".

Qahte la guardava In modo interrogativo con la testa reclinata su un lato, la sua curiosità era onesta perché in fondo anche lui nutriva interesse per quella ragazza che seduta al bancone in modo composto gli stava dando le spalle ma gli rivolgeva lo sguardo.

Un altro silenzio di attesa spinse Qahte a parlare di nuovo.
"Mi concederesti di fare un esperimento? non devi avere paura, ti assicuro che non è niente di pericoloso, le mie intenzioni sono benevole".

Il sorriso della ragazza, oramai non più troppo giovane, era rimasto lì ma in qualche modo l'espressione di incertezza era aumentata nei suoi occhi fermi che non sapevano dove guardare per non dare notizia di una qualsiasi intenzione.
Allora Qahte con uno spostamento lento e fluido si avvicinò alle sue spalle, l'abbracciò da dietro aggirando le braccia in modo tale che le contornassero parzialmente anche la base del collo e le poggiò il lato della testa fra la sciena e la nuca.
Chiuse gli occhi per un po'.
Poi la fece dondolare nel suo abbraccio tirandola a se con intermittenza.

Alla fine la lasciò e riprese a guardarla cercando di cogliere la sua nuova espressione.
Sul suo volto non c'era più un sorriso, questo aveva lasciato posto ad una bocca leggermente fissurata dallo stupore, gli occhi erano meno stretti e le ciglia si inarcavano verso l'alto.
Qahte parlò ancora.

"Senza considere il rifiuto, mi aspettavo un comportamento fra due possibili, il primo che tu ti lasciassi andare all'abbraccio confortandoti in esso e il secondo che ti irrigidissi non compendendolo appieno".
"Solamente il primo caso mi avrebbe quasi dato una risposta certa, ma tu ti sei irrigidita".
"Nel primo caso accettare l'abbraccio mi avrebbe quasi certamente detto che lo desiderassi, l'unica dubbio sarebbe stato se tu fossi troppo abituata a riceverne. Nel secondo caso invece poteva equamente essere che avessi paura di rifiutarti o di mostrare il tuo gradimento. Ti dispiacerebbe se indagassi?"

Qahte cambiò posizione per rilassare i muscoli adibiti in quel momento al sostegno del corpo irrigidendone degli altri. Con sguardo serio incalzò: "Vorrei sapere se avresti voluto poter ricambiare l'abbraccio".

La ragazza rimase ancora zitta ma quando direttamente interpellata abbassò lo sguardo.

"Sono stato irruento, la verità è che non desidero più alimentare la misconoscenza fra le persone. Sto rischiando di sbagliare con te comunicandoti le mie impressioni perché il rischio che sia io che tu potessimo rimaner soli con i nostri bisogni non confessati era troppo grande da poter essere ignorato. Spero che tu possa scusarmi".

Questa volta la ragazza alzò lo sguardo con gli occhi un po'inumiditi, fece una pausa di respiro e rispose: "sì, avrei voluto abbracciarti".
E anche Qahte cominciò a perdere lacrime pur non potendo nascondere il raro dipingersi di un sorriso sul suo volto.