Nella casa di vetro

martedì, gennaio 22, 2019



Nothing To Say - Jethro Tull

Everyday there's someone asking
what is there to do?
Should I love or should I fight
is it all the same to you?
No I say I have the answer
proven to be true,
But if I were to share it with you,
you would stand to gain
and I to lose.
Oh I couldn't bear it
so I've got nothing to say.
Nothing to say.

Every morning pressure forming
all around my eyes.
Ceilings crash, the walls collapse,
broken by the lies
that your misfortune brought upon us
and I won't disguise them.
So don't ask me will I explain
I won't even begin to tell you why.
No, just because I have a name
well I've got nothing to say.
Nothing to say.

Climb a tower of freedom,
paint your own deceiving sign.
It's not my power
to criticize or to ask you to be blind
To your own pressing problem
and the hate you must unwind.
And ask of me no answer
there is none that I could give
you wouldn't find.
I went your way ten years ago
and I've got nothing to say.
Nothing to say.



Niente da dire

Ogni giorno qualcuno chiede
cosa dovrei fare?
Dovrei amare o dovrei combattere,
sono entrambe la stessa cosa per te?
No ho detto, io ho la risposta
sicuramente vera,
Ma se io la condividessi con te,
tu ci guadagneresti
e io perderei.
Io non posso sopportarlo
quindi non ho niente da dire.
Niente da dire.

Ogni mattina la pressione prende forma
attorno ai miei occhi.
I soffitti cadono, i muri collassano,
rotti dalle bugie
che la tua sfortuna ci ha portato
e io non le camufferò.
Quindi non chiedermi di spiegarti
Non inizierò neanche a dirti perché.
No, semplicemente perché io ho un nome
bene io non ho niente da dire
Niente da dire.

Scala una torre di libertà,
Scrivi la tua firma falsa.
Non è in mio potere
criticare o di chiederti di essere cieco
Per il tuo pressante problema
e l'odio che devi sciogliere
E non chiedermi risposte
Non c'è niente che potrei darti
che non troveresti.
Sono arrivato nella tua strada dieci anni fa
e io non ho niente da dire.
Niente da dire



Spesso ascolto questa canzone con le lacrime agli occhi, descrive così bene il malessere di una convivenza mal riposta, dissimulata, dove siamo partecipi nostro malgrado, sia dentro di noi che fuori di noi, e facciamo del nostro male in nome di un bene non meglio precisato.
Posso provare a spiegare cosa capisco ascoltandola ma non so se riesco a trasmettere la stessa sensazione di disappunto, di vuoto, di mestizia, di mancanza, pressappochismo, giustizialismo.



Mi sottraggo nel dare un senso a quanto mi viene richiesto dalla vita perché temo che mostrare le mie debolezze invece che suscitare un sintomo di aiuto venga percepito come un vantaggio per rendermi ancora più bisognoso della vostra presenza. Non è riempiendo la vostra vita ma svuotandola che garantisco la mia necessarietà.
Ti lascerò credere che io so quello che sto facendo.

E per questa condotta tutto va in rovina, le continue menzogne perpretate per nascondere la mia inettitudine non possono più sorregere la scena dove tu sei uno degli sfortunati partecipanti.
L'orgoglio, l'idea di essere qualcuno che deve essere rispettato mi induce a stare zitto e nascondere la pochezza delle mie spiegazioni riguardo a quello che sta accadendo.

Non aspettarti la mia partecipazione, quali siano le tue azioni io non ci crederò. E non sono nella posizione di poter biasimare i tuoi misfatti perché io non sono meglio di te e mi fa comodo non esserlo perché non devo cercare un motivo oltre l'egoismo per giustificare il possibile bene disinteressato che potrei farti.

Il tempo passa ma lascio correre piuttosto che rischiare la mia vanità.