Nella casa di vetro

lunedì, dicembre 07, 2020

umanità perduta

Sembrerà strano che di tutte le cose importanti che potrei scrivere ora (oppure occuparmi che si preferisca) ho deciso di parlare proprio di questa. Il perché è che trovo inutile un'analisi microscopica delle cause del mio malessere, in fondo sono solamente io, crudelmente possiedo la coscienza dell'individuo che ha tratto il dado sbagliato, ma questo è anche casuale, ciò che mi solleva dalla identità della vittima è la possibilità di guardare attraverso quello che succede, aldilà dei miei personalismi.

Posso affermare e voglio farlo che noi esseri umani siamo totalmente indifesi di fronte alla mancanza dei principi che con forza e risolutezza stanno sempre più venendo meno, tirati giù orgogliosamente in nome di un'emancipazione non si sa bene da che cosa.

Siamo il prodotto dell'insofferenza del nostro passato, non per questo ci stiamo dirigendo verso una soluzione, all'oppressione rispondiamo con l'irrazionalità, ma perché aspettarci un cambio di rotta da chi poteva comportarsi bene quando ce ne erano già tutti i presupposti? 

I nostri problemi sono quindi di scarsa entità, vorrei dire più correttamente, di piccola dimensione ma enormemente ingranditi dalla complessità che gli costruiamo attorno nella ricerca di dare un senso alle cose.

"Perché le cose devono avere un senso" che le renda idonee a giustificare anche noi.  Siamo all'interno di un sistema, se il sistema non funziona, noi siamo parte della disfunzione.

Rei della nostra inesistenza.

Ma non lo so se possiamo davvero costruire qualcosa di diverso dalle stesse macerie che abbiamo disseninato. Possiamo forse sì, costruire di nuovo rassicurati dalla ingenuità della tabula rasa che abbiamo procurato ma non sarà qualcosa di nuovo, sarà qualcosa di nuovamente ingenuo.

Non voglio dire che non dobbiamo combattere ma che le ostilità alla fine ci riporteranno da dove siamo partiti, e in un nuovo ciclo alla fine ci riprodurremo, nella speranza di superare i nostri ostacoli alla successiva iterazione.

E quindi siamo ottenebrati dalla furia cieca, che c'è la fa prendere con la morale perché ci sentiamo sempre traditi dall'ingiustizia, allora non è giusto che gli altri abbiano avuto affetti familiari e tu no, non è giusto che gli altri abbiano avuto un appoggio e tu no, non è giusto che gli altri non abbiano avuto un etica nei tuoi riguardi, non è giusto che tu debba rimanere sempre solo quando sai che lo scopo della tua vita è trovare un'affinità con gli altri, non è giusto che gli altri possono correre e tu no, non è giusto che il tuo modo non arrogante di porti ti faccia solo sembrare una preda semplice, non è giusto che quando cerchi di ridare importanza alle cose semplici tu venga preso con uno sberleffo dal primo sofista del cavolo e non è giusto che gli altri pensino alla tua speranza come un luogo comune... Ma tutto questo non ci da una vera ragione per essere cinici, diavolo io odio tutti questi scompensi e non so se sia possibile immaginare come mi sento da chi non ha provato lo stesso senso di impotenza e depressione ma questo non mi costringe a venire meno alle cose che ho creduto, siamo noi che rendiamo le cose giuste o sbagliate, sono le nostre azioni.

Ed è quello che vedo, tanta reticenza, non fa niente se tanto io alla fine morirò, prima o dopo avrei dovuto farlo, ma l'avrò fatto con il sincero dubbio di non aver potuto esprimere quello per cui tanti prima di me sono morti e alla fine hanno taciuto.  È questo quello che abbiamo perduto? Io sto male, non per le stagioni, non per i vaccini, non per la costruzione, non per la vicinanza, non per l'opportunismo, non per l'egoismo e il menefreghismo... Sto male per la mancanza di amore, che non è per me ma così ne consegue.