Nella casa di vetro

domenica, aprile 07, 2019

Io torno a dormire

e ogni sera mi esplode la testa e non riesco a dimostrarlo, perché, perché, ne ho già parlato.
L'atto di focalizzare i propri pensieri discrimina ogni altra tipologia di azione, posso pensare pienamente solo quando sono immobile, in silenzio, possibilmente ad occhi chiusi e quando perdo l'opportunità di ricordare dettagliatamente quello a cui ho pensato.
Solo pezzi di frasi, poche parole, rimangono impresse e non perché siano più importanti di altre ma perché in quel momento abbiamo rischiato di perdere il filo del discorso pur di pensare che quelle parole andavano ricordate, giusto per una frazione di secondo.
Nella precedente manciata di quarti d'ora (pochi perché pochi tanti perché tanti, non posso quantificare ma voglio dare l'idea di una dimensione), sono tantissimi i pensieri che mi hanno occupato.
La prima che voglio dire (forse l'ultima a cui ho pensato) è una metafora, la vita vista dietro gli occhi di un calciatore (c'è un motivo per cui ho voluto fare questo paragone, perché sentivo di voler essere capito da qualcuno).
Ci sono tante cose che ci sono indispensabili fare per sopravvivere, questo possiamo tradurlo nel dover rincorrere il pallone, per stare dietro alla palla ogni pensiero ci rallenta, abbiamo bisogno di utilizzare tutta la nostra abilità per poter afferrare il nostro obbiettivo e dato che siamo una macchina perfetta evitiamo di deconcentrarci.
Continuiamo a correre, le azioni diventano ripetitive, automatiche e accade, nei momenti più vuoti, nei momenti che possiamo gestire con più calma, che ci chiediamo perché dobbiamo rincorrere una palla. Come è distinta la parte che dobbiamo essere (l'istinto) da quella che voglia che sia, che ci determina? Perché vogliamo pensare di poter scegliere qualcosa del nostro destino, che abbiamo la possibilità di influire su quello che ci circonda, che senza voler scendere troppo a conclusioni affrettate, ci sia qualcosa di diverso nelle nostre azioni da quello che descrive la vita di uno schiavo o di un prigioniero.
E scegliere cosa fare aldilà di quello che dobbiamo fare ci mette davanti ad un problema, se vogliamo poter scegliere dobbiamo anche avere un motivo per aver scelto qualcosa. Perché scegliere implica discernere. Mentre inseguivamo la palla non dovevamo sapere perché, l'unica cosa che ci interessava era prenderla, adesso che vogliamo scegliere di fare qualcosa di diverso abbiamo bisogno di capire perché giusto un qualcosa.

Adesso c'è una nebulosa nella mia testa, qui finisce il punto dove la mia razionalità è riuscita a fare ordine, avrò(/ei) bisogno di un aiuto.
Nella semplicità di esplicare quanto richiestoci dalla forza maggiore non c'è un ordine delle cose (lasciato a noi), ma non ce ne accorgiamo perché in quel momento non ci interessa.
Cerchiamo quindi un ordine delle cose al di fuori della necessità e questo ci fa apparire l'ambiente come un trambusto di cose dalle quale estrarre quello che ci interessa.
E tutto questo adoperarsi sembra uno sforzo razionale, ma è difficile trovare i significati che ci occorrono nella razionalità, neanche questa volta vorrei correre a conclusioni troppo affrettate, non è un modo di dire il mio. Spesso non abbiamo nessun motivo più consistente del mero piacere nel discriminare un'azine in favore di un'altra, ma il piacere quanto è razionale? la mia definizione potrebbe essere che una cosa piacevole è qualcosa che migliora il nostro stato di benessere ma sarebbe solo il risultato di un mio artifizio nel dare un connotato positivo alla parola perché si sa, piace ciò che piace, non ciò che è bello (e questo è un altro eufemismo).
Tutto questo trambusto rimane indistricabile, non riusciamo a trarne un senso, l'unica attività che sembra trarsene fuori è quanto di più irrazionale ci sia, cioè l'amore. A prescindere da quello che accada il suo significato rimane costante e abbastanza chiaro da poter essere capito e raggiunto.
Sfuggire alla logica è il suo modo per rientrare nella logica, in un ordito dove non possiamo scrutare la trama quello che sia più giusto fare nel rispetto della nostra volontà è quasi indecidibile.
Cosa è una essere umano? ci sono tante caratteristiche oggettive con cui possiamo descrivere la nostra specie ma quello che ci rende "umani" è quanto di noi scenda in contrasto con le attitudini negative che ci caratterizzano, quindi in parte ci rende umani non essere umani .

Aprendo una piccola parentesi su un'altra cosa che ho pensato oramai qualche manciata di mezze ore fa (poco ma tanto, tanto ma poco), ieri una persona mi ha chiesto ospitalità su couchsurfing. In questi periodi sto lasciando andare tutto perché non sono dell'umore giusto per partecipare attivamente e con gioia a quanto mi accade (o mi faccio accadere), però questa persona era un cicloturista in viaggio e gli ho voluto rispondere e dargli la mia disponibilità perché pensavo ne avesse bisogno e ho messo da parte il mio stato negativo. Fatto è che non mi ha più risposto, siccome credere che sia morto mi sembra esagerato, devo pensare che abbia trovato un'altra sistemazione a lui più confacente. Ora, non è che io mi offendo a considerare questa ipotesi (in realtà questa cosa neanche mi tocca più di tanto, ho smesso da lungo tempo di preoccuparmi di non essere meglio degli altri a confronto) ma in qualche modo mi da fastidio pensare che si abbia avuto cura di esprimere i propri bisogni e che allo stesso tempo non si abbia avuto nessuna cura di considerare quelli degli altri, è un paradosso, è un controsenso, non si può desiderare qualcosa che non si offre a propria volta almeno fermandosi al pensiero.
Entrando nello specifico: chiedo ospitalità facendo appello all'altruismo, il mio appello viene considerato ma ho trovato già di meglio e quindi non mi importa più niente, che si fottano tutti compreso l'altruismo! bello schifo.
Compulsivamente controllo se le persone che chiedono ospitalità abbiano mai ospitato qualcuno a loro volta, lo so che non ha senso perché magari non sempre si ha la possibilità di ospitare gli altri, però spesso le persone che chiedono ospitalità hanno solo feedback da parte di ospitanti e nessuna dagli ospitati.
Ora a voler pensar male, bisogna davvero sfruttare così tanto la vita? persino ad approfittarsi delle buone intenzioni altrui? non è così facile scendere a compromessi con lo spirito di prevalsa della parte animalesca di noi e quando ci spingiamo con tanta fatica più in là anche in contrasto con il nostro istinto, ecco che arriva qualcuno che bastona il nostro tentativo di essere migliori senza nessuno scopo, approfittandone.
Questo mi manda letteralmente "in bestia" perché soffro l'idea di sentirmi egoista e sentirmici risparato dentro a forza dalla necessità è come sentire che non riuscirò mai a realizzare la parte nobile di me che vorrei perché non mi sarà mai concesso, come se le persone che ho attorno siano pronte a usare le loro energie nel tentativo di ostacolare la mia espressione, la mia crescita. È una rabbia indescrivibile quella che mi trasporta.
Ma vi siete chiesti io che motivo ho -razionale- ad ospitare gli altri? economicamente è sconveniente, perdo anche il mio tempo e le mie fatiche, mi metto a rischio di comportamenti scorretti e tutto questo per?... se non ci aggiungo l'amore per le persone tutto questo non ha alcun significato ed è irrazionale, per tornare alla razionalità devo aggiungere un significato irrazionale all'operato.


Bah, mi sono stufato di scrivere, pochissimi pensieri condensati in pochi (ma tanti) minuti, forse secondi e non riesco a riproporli ed esprimerli, richiamarli alla mia mente in centinaia di parole buttate su uno spazio vuoto per illudermi di avere un interlocutore. Che condizione misera, ho voglia di parlare, ho voglia di "parlarti" ma tutto quello che posso fare è lasciare andare.
Non è bene non rispettare i costumi, non è bene scomporsi, non è bene mostrare di non essere capaci di avere riguardo. Così non farò finta di essere compìto pur alimentando in me una rabbia inaudita, ma lascerò a voi l'immaginazione di cosa farei pur non facendolo perché tanto per beffa è tutto inutile.