Nella casa di vetro

sabato, giugno 08, 2019

Congestione

A volte le sensazioni fluiscono libere e sento davvero quello che dovrei sentire e mi sento solo, spaurito, e mi chiedo perché sono qui, quale è la mia motivazione. Tutti in effetti siamo soli e in ultima istanza non abbiamo che noi stessi e il nostro cammino ma mi guardo intorno e mi chiedo perché? io sono stato sempre solo e ho incontrato persone che in qualche modo hanno accettato di condividere parte del loro cammino con me ma solo per un periodo limitato e fintanto che il caso ci ha diretti nella stessa direzione, ma non ho mai incontrato nessuno che abbia deciso di legare le nostre strade ed è quello che veramente mi manca, sapere che non sarò da solo a dover intraprenderele decisioni e che non sarà solamente per me che dovrò ragionare per il futuro.
Mi sento come un esemplare raro di una specie evoluta che si sia disadattato alle evoluzioni da essa conquistate/conseguite e che per questo non trovi quello che per altri esemplari è scontato.
Questa "evoluzione" che per me significa essere in grado di vivere all'interno di una società con una posizione funzionale in essa ma totalmente privi di legami affettivi, di continuare a vivere come individui separati senza alcun problema, per me questo è realmente impossibile.
Eppure il risultato di essere "idonei" a questa richiesta porta queste persone ad ottenere qualcosa anche dall'unione con altri individui, ma la maggiorparte di volte giusto perché l'unione fa la forza e non perché ci sia un desiderio irresistibile di smetterla di ragionare solamente per se stessi.
Ed è qui il paradosso, vedo persone unite e totalmente distaccate fra di loro o giusto attaccate per quanto "debba" sembrare, e vedo me che non riesco a creare quelle connessioni forti, indistricabili, interdipendenti di cui ho estremamente bisogno.
Sembra che sia troppo palese in me questa ricerca, che io lo mostri troppo e per effetto dell'attrazione dei contrari, io allontani le persone perché è troppo incredibile che io dimostri così palesemnte il mio bisogno della loro presenza, questo li spaventi e li porti a dubitare di me e a temermi.
Fatalmente le persone che riescono a rimanermi vicino sono quelle che in qualche modo possono mantenere le loro distanze, e mi viene da pensarea D. ultimamente conosciuta.
Eppure D. mi ha capito e nei limiti della nostra distanza in qualche modo ha capito che faccio sul serio, che sono davvero così desideroso di trovare delle connessioni e che cerco di essere buono per questo.
C'è chi ha frainteso totalmente come G. che oramai interpreta qualsiasi cosa dico, la più stupida oppure quella più oggettivamente e palesemente detta per rendere più amichevole il nostro ambiente, come negativa, come adottata per giungere a qualche oscuro, egoistico ed opportunistico scopo (e ok, come negare che la voglia di avere persone vicino sia egoistica? ma che c'è di male? per cosa siamo fatti mi chiedo?).
E poi c'è P. che attualmente è il raggio di sole che riesce a scaldare il mio cuore quando possiamo vederci.
Ogni volta che ci vediamo vorrei abbracciarla per sempre e non smettere mai ma ho paura che non volendo/potendo accettare questa mia volontà anche lei alla fine decida di andare via.
E ogni volta mi trovo così con lei, a condividere il tempo cercando e sforzandomi di non essere troppo affettuoso perché ho paura di perderla pur volendo mischiare le nostre due esistenze e mi sento in colpa quando sono tornato a casa chiedendomi se ho fatto bene ad abbracciarla una volta di troppo perché ho sempre paura che poi lei voglia fuggire.
È la situazione in cui da soli ci si nega i nostri bisogni per paura di non poterli realizzare, è un paradosso, ci si nega la cura per paura di non potersi curare, l'acqua per paura di morir di sete.
Questa è una condizione di contraddizione, contrariazione, estraneazione, disadattamento in cui io non posso vivere e si protrae a lungo, nella mia memoria riesco a ricordare solo persone che alla fine hanno scelto di allontanarsi da me e dal mio bisogno di dare e ricevere affetto.
Sono sicuro che se queste persone non avessero paura di confessare le loro ragioni, sicuramente ne avrebbero avute per spiegare il loro comportamento ma credo anche, con la fedeltà di un estremista religioso, che queste persone dentro di loro sanno che non c'era realmente un motivo tranne quello del dubbio che ci fosse qualcosa di sbagliato ma a loro sconosciuto, e che in realtà non possono incolparmene, non ci sono reali motivazioni oltre il vostro presentimento.
Questo non mi rende felice ma mi intristisce ancora di più perché mi dice che non c'è niente che io possa fare direttamente collegato con la mia naturalezza, libero da maschere, che non mi porti ad essere frainteso come se ci debba per forza essere ogni volta un fine diverso da quello che vogliamo comunicare.
Quando sarò mai parte delle intenzioni vere di qualcuno? perché sono costretto a vivere in questo abisso di tristezza e a non poter scrutare oltre questa coltre impenetrabile alla ricerca del sole di cui ho tanto bisogno? comincio ad aver paura che mi sentirò spaesato se mai riuscirò a fuoriuscire da questa situazione per vivere all'esterno.
Credo che a volte ci si riscopre credenti proprio per questa ragione, perché non si può credere che tutto quello che abbiamo attorno sia quello che ci aspetta, abbiamo bisogno di credere che ci sarà più avanti, prima possibile, qualcosa di migliore per noi e con questo pensiero continuiamo a trascinarci, ma in qualche modo riusciamo ad impersonare, rappresentare lo stesso inferno anche per gli altri.

Accendo una luce per illudermi che sia ancora notte, consumo pietanze dolci per confondere l'amarezza.

Basta per oggi.