Nella casa di vetro

sabato, luglio 20, 2019

Sproloquio logorroico



Una vita passata a cercare di rendere speciali i propri interventi, i propri pensieri, ad eleggere con dedizione i concetti della propria vita e doversi abituare a vedere tutto disperso per la perdita di significato.
È la conseguenza, quello che succede quando tutte le aspettative che ci si è costruiti nel corso degli anni per convincersi ad essere qualcosa di migliore vengono disattese.
E si comincia a vedersi sottrarre quello che si è difficilmente ottenuto, tutti i principi, uno ad uno, e non sottratti con forza ma lentamente e coscientemente in modo che sia chiaro e stampato in modo indelebile, NON PUOI ESSERE CIÒ CHE HAI SEMPRE VOLUTO.

Ho smesso di credere nelle persone.
Ho provato in tutti i modi a definirmi un credente, a credere nell'umanità, ma ora ho provato a ricapitolare in quante persone credo e non credo più in nessuno, soprattutto perché non credo più neanche in me stesso.
Ho sempre pensato che senza fiducia nel prossimo non si ha nessuna possibilità di essere e concedere felicità e adesso mi ritrovo a pensare "se volessi parlare di questa situazione che mi attanaglia, con chi lo farei? CON NESSUNO", in breve, non mi fido più di nessuno.
E cosa mi rimane di fare? parlare con un computer che non mi risponde, che non prova affetto, sostanzialmente rimanere bloccato nella mia stanza, in questi casi è ricorrente il desiderio di morire, perché è tutto così irreale, non può essere di sentirsi condannati così, solamente a soffrire per quello che ci manca e a perdere quello che si aveva.

In questi giorni di compagnia ho sentito la solitudine.
Sentivo che il mio modo spontaneo di essere non era accettato,dicevo la verità non per offendere, dicevo la verità, mi sforzavo di discutere per costruire e alla fine ottenevo indifferenza, non quella gentile di chi capisce di non avere più energie e quindi ti chiede di riparlarne dopo, ma quella aggressiva di chi sente la propria superiorità e ti scarta con sufficienza.
E sentivo quindi la rabbia, la rabbia di chi viene trattato male inspiegabilmente, ridotto senza ragione a nulla di interessante dopo che ha provato ad essere ogni cosa.
E dopotutto desiderare ancora di esplicare non la rabbia verso le persone ma la rabbia verso la condizione stupida in cui ti stavano mettendo, perché è incredibilmente sbagliato, ma non riuscire a comunicarlo comunque per via della prepotenza e superficialità a cui si era soggetti.
Non poter comunicare quando ci si sente soli e privi di attenzione, per paura di offendere gli altri, gli altri che non hanno avuto nessuna paura di offenderti, questo perché le persone non sono disposte a capire i propri errori e quindi bisogna lasciarglieli ignorare per evitare la totale indisposizione e quindi salvare il salvabile, preferire l'indifferenza all'odio.

Sono tornato a casa distrutto e ho pensato che dovevo sistemare almeno due situazioni, la seconda in ordine di importanza, comunicare a P. l'impossibilità (apparente) di essere partecipe alla sua proposta per questa domenica. Volevo dirle che l'impossibilità era dovuta alla formalità che si assume quando si decide che un rapporto non deve essere niente di più di quello che ci si è prefissati, ma l'effetto è più o meno quello di lanciare una pietra in un abisso e aspettarsi qualche risultato. È come dire "ricordati chi ero" in modo non agressivo a qualcuno a cui non interessa, il risultato, se mai verrà letto quello che ho scritto, sarà qualche sbuffata e affermazione del tipo "ma perchè questo continua a parlare?" e sarò liquidato con un "non fa niente" e magari solo qualche convenevole in più. E io che anche in uno stato così negativo provo ad avere tanta cura? che in realtà mostrandoti così tanta dedizione voglio comunicarti la mia buona volontà ad essere disponibile a trovare una soluzione? niente... non ci pensare.
L'altra soluzione, la laurea di F. F. ti voglio bene, sei una persona che in qualche modo riesce a mantenere la sua affabilità, il suo senso del dovere, ma non ce la facevo a tornare a Roma. O meglio ce l'avrei anche potuta fare ma non riuscivo a spiegarmi perché per fare visita a degli amici devo cercarmi un hotel.
È come se vengo a far visita a qualcuno che è amico mio fino a quando non c'è bisogno di concedermi un aiuto, mi faccio centinaia di km per essere presente a qualcosa solo perché lo ritengo bello e poi devo essere trattato come uno sconosciuto. Mi dispiace ma io non mi cerco un albergo ne un ostello, se devo impiegare tanta fatica per ritrovarmi nella situazione di non essere nessuno che un numero, preferisco farlo dove ha senso, cioè dove non c'è realmente nessuno ad aspettarmi, nella solitudine della mia camera.

E come non pensare a S. che quando ha bisogno del mio supporto sia morale che fisico lo trova sempre senza nessuna obiezione ma che poi per capriccio non mi risponde neanche alle chiamate, che mi attacca il telefono in faccia anche dopo che ci siamo detti di doverci sentire a poco? Poi fai finta di niente? non mi richiami neanche dopo giorni e poi ti aspetti che io sia sempre la stessa persona, che sia sempre allo stesso modo disponibile, altrimenti sono io che sono cambiato inspiegabilmente? È INSPIEGABILE PERCHÉ HO SEMPRE CERCATO DI SOPPORTARE QUESTE TUE LEGGEREZZE PER NON OFFENDERTI, ma mi sono rotto i coglioni, potrebbe essere che il mio regalo di matrimonio diventi un vaffanculo, comincia ad aspettartelo.

E V.? V. ho sempre pensato che tu sia uno dei miei più buoni amici, mi hai supportato e sopportato in molte situazioni dove ho fatto degli errori spiacevoli, però sento il distacco sempre di più, ogni giorno che passa. Ti aspettavi anche tu che arrivassi a roma, ma come tutti gli altri non ti sei preoccupato che riuscissi a trovare un posto dove stare, anche io pensavo di riuscirlo a trovare e non ti ho detto niente, ma non ci sono riuscito perché come già detto, non voglio abitare in un posto di sconosciuti solo per poter dire ciao ad una vecchia faccia, per me è paradossale non mi è stato possibile comportarmi diversamente, ho cercato di spiegartelo e hai smesso di rispondermi. Va bene, devo diventare uno sconosciuto anche per te, non so cosa vi aspettiate da me, se fossi onnipotente tutti quanti vivremmo meglio, ma sono umano come tutti gli altri, le mie forze e le mie possibilità vanno esaurendosi e mi lascia esterefatto vedere come scompaiono le persone quando vedono che non ce la fai più.

Ieri ero esausto e sono andato a dormire, dopo 5 ore di sonno disturbato mi sono dovuto svegliare, ho perso dell'altro tempo e poi ho sentito il bisogno di spegnermi di nuovo forzatamente perché troppo provato emotivamente per fare qualsiasi cosa, chiudo la finestra e 10 minuti spesi a pensare a chi potevo comunicare il mio malessere, a nessuno, ed eccomi a scrivere ad un computer.

Penso sempre che basti parlare delle situazioni difficili per esorcizzarle, per smettere di dargli importanza e di preoccuparsene perché sono diventate note e naturali, comprese, perché dandogliela gli si è tolta attenzione (fintanto che una questione chiede la propria attenzione e non gliela si da, il pensiero rimane nella nostra mente) e poi però non ho nessuno con cui parlarne e quindi queste cose rimangono dentro di me e si accumulano e le persone si stupiscono ogni volta se ho montagne di cose da dire e non mi fermo mai.
È tutto accumulato, in realtà dico molto di meno di quello che vorrei perché la mia testa non riesce più a contenere tutto, le cose cominciano a mischiarsi e a diventare incomprensibili e tirate a caso.

C...n ogni volta non so' su di te, sembra che tu apprezzi la connessione diretta con le emozioni ma che dopo un po' hai voglia di distaccarti e siccome ho smesso di credere nelle persone a volte ho il dubbio che tu voglia solo accontentarmi, che tu voglia solo vedere fino a quando riesci a farmi credere di essere presente solo fingendo, di quanto riesci con maestria ad assecondarmi (cosa facile quando dall'altro lato hai qualcuno che come me cerca di non nascondere mai se stesso), mi hai detto ad un certo punto che avevi mal di testa, ok razionalmente devo crederti e hai avuto la presenza di spirito di non tirarti su col naso come ha fatto celine (sì, il suo nome posso dirlo, lei di certo non fa parte di me in nessun modo) durante i miei tentativi di discussione (e non come quelli di celine, lì ho confuso bontà con furbizia).

Mi avete spezzato, travolto, annullato le mie difese e adesso vi prendete gioco di me perché sono rimasto senza di niente nel tentativo di darvi tutto, ridete di me ma siete voi ad essere ridicoli, privi di spirito e a me non rimane che morire nella disgrazia.

Vi ringrazio per la vostra umanità, questa sconosciuta, questa cosa che ci distingue dagli animali, questa capacità di andare controtendenza e di agire in modo giusto anche contro il nostro stesso interesse, capacità che VOI avete perso, ah C...e quanto ti diverti a contraddirmi, a dire splendidamente "chi siamo noi per decidere che una cosa sbagliata oppure giusta?" accusandomi con questo di voler costringere il prossimo a fare quello che dico io (quando questo non è assolutamente vero e credo di essere una persona molto remissiva), ti diverti perché la tua posizione di "presunta superiorità" ti è concessa proprio per la mia disponibilità al dialogo, per la mia prontenza a valutare i miei errori cosa che tu non hai e pretendi con le tue affermazioni di stare snocciolando una verità assoluta. Non ti rendi conto che con il tuo fallace ragionamento ogni persona sulla faccia della terra dovrebbe approfittare ogni volta della preminenza schiacciando tutti gli altri senze nessun ritegno, tanto chi siamo noi per decidere? e quindi che me ne frega a me di aiutarvi? che me ne frega a me delle manifestazioni sull'ecologia tanto muoio prima di vedere gli effetti devastanti del mio comportamento? che me ne frega di non far soffrire gli animali e non trattarli come oggetti tanto non sono io che soffro? che me ne frega di sfruttare la parte povera del mondo visto che sono stati meno fortunati di me? la cosa schifosa è proprio che questo essere giusti alla fine ti mette solo in brutte condizioni, ad essere trattato male perché gli altri con te non perdono l'occasione di essere prepotenti se gli viene lasciata la possibilità di approfittarsi, di come sia vera la frase "morte tua vita mia" e di come sia necessario dimostrare egoismo per essere rispettati non essere calpestati in un reggime di terrore e non di condivisione.

Per quanto potrei andare ancora avanti? non lo so, ma per molto ancora considerando che queste sono solo una piccola parte delle mie considerazioni accadute in una manciata di giorni e che non riesco più a contenere la mia voglia di essere insopportabile causata da una insoddisfazione cronica del comportamento delle persone.
Ma perché devo diventare come voi per sopravvivere, ammesso e concesso che mi sia possibile? già vi immagino a spiegare come sia necessario somigliare a chi si frequenta per poter rimanere nelle sue grazie e non capisco perché in tutto questo debba essere sempre io a cercare di somigliarvi e perché voi non siate in grado di fare un esame di coscienza.

Con il mio disgusto.